Tu o lei? Come rivolgersi ai lettori nella comunicazione scritta della nostra azienda

Una delle domande più frequenti che ci pongono gli iscritti ai nostri corsi per copywriter e business writing è: “Come decido se dare del “tu” o del “lei” in una comunicazione scritta?” Per rispondere a questa domanda abbiamo impiegato diverse pagine del nostro Manuale di copywriting e scrittura per il web. Cercheremo di fare una sintesi in questo articolo.

Più in generale, al di là della scelta del pronome da usare, molte persone che scrivono per lavoro hanno difficoltà a capire quale sia il livello di formalità più appropriato da usare in un testo.

Il dubbio sembra banale, tanto banale che molti evitano di farsi la domanda, andando a intuito. In realtà è opportuno porsi il problema, perché sbagliare il livello di formalità da usare ha delle pessime conseguenze, e questo accade molto più spesso di quanto si pensi.

Tre domande per scegliere il giusto tono

Il “tu e il “lei” non sono solo pronomi: sono un modo di costruire e comunicare l’immagine di un’azienda, perché raccontano a chi legge se siamo in grado di capire con chi sta parlando e, soprattutto, se abbiamo rispetto per lui e per il suo ruolo. Ecco alcuni consigli pratici per capire quale sia il giusto livello di formalità consentito da una comunicazione scritta.

Prima di tutto, bisogna rispondere a queste tre domande.

  1. A chi sto parlando?
  2. Qual è il contenuto/obiettivo della mia comunicazione?
  3. Quale mezzo userò per inviare questa comunicazione?

A chi stiamo parlando?

Prima di decidere se dare del “tu e il “lei” è opportuno conoscere un po’ di più della persona a cui stiamo scrivendo. Di solito nelle comunicazioni di lavoro il destinatario è uno sconosciuto, di cui sappiamo poco o niente. In questo caso è utile analizzare tutti i dati a disposizione.

Ci sono diversi modi per catalogare le persone: di solito si usa un criterio demografico (sesso, età, residenza), psicografico (stile vita, titolo di studio) o si cerca di capire la personalità del destinatario. Ad esempio, se stiamo scrivendo ad un’infermiera, quasi sicuramente stiamo parlando ad una persona che ama occuparsi degli altri; se è un professore ha a cuore l’educazione dei ragazzi; se è uno scrittore crede nel valore della cultura e così via. Ricordiamo sempre che le persone non hanno una sola personalità ma tante quante sono i loro “status sociali”.

Si può essere al mattino un rigido capo ufficio e alla sera un padre affettuoso. Si può essere un artigiano per lavoro e un appassionato di computer nel tempo libero. È chiaro che il nostro modo di scrivere sarà diverso se dobbiamo raggiungere il falegname o l’esperto di Pc.

Stiamo parlando alla stessa persona ma a due personalità diverse. Se vogliamo vendergli la nuova colla per fissare i piedi degli armadi, stiamo parlando al professionista del legno. In questo caso non ci sogneremmo mai di dare del “tu” ma è d’obbligo un formale “lei”. Se invece stiamo scrivendo alla stessa persona nelle sue vesti di appassionato di Pc e vogliamo convincerlo a comprare l’ultima versione del nostro processore, è accettabile usare un tono meno formale e dargli del “tu” scrivendo: “Aumenta la potenza del tuo Pc con il nuovo chip XR345”.

Una lista di controllo per capire a chi stiamo scrivendo:

  • Conosciamo bene la persona a cui stiamo scrivendo?
  • La conosciamo personalmente?
  • Abbiamo avuto con questa persona frequenti contatti anche “virtuali”?
  • È il nostro primo contatto o ce ne sono stati già altri?
  • Questa persona ha fiducia in noi e nella nostra azienda?
  • Qual è il rapporto “gerarchico” tra noi e questa persona?
  • Considerando i normali criteri di valutazione sociale (età, tipo di lavoro, reddito, titolo e così via) siamo “superiori o inferiori” rispetto al destinatario della comunicazione?

Qual è il contenuto e l’obiettivo della comunicazione?

La seconda domanda a cui bisogna rispondere prima di decidere il livello di formalità è: “Qual è il contenuto e l’obiettivo dell’e-mail o della lettera?”.

Il primo elemento da prendere in considerazione è la distinzione tra buona e cattiva notizia. Quando la notizia è buona, il destinatario è meno attento alla forma. Quando è cattiva, il “lei” è la scelta giusta per dimostrare che si sta inviando una notizia sgradita, ma si ha comunque rispetto del destinatario. Se dobbiamo scrivere a un cliente a cui hai accordato uno sconto del 50%, quasi sicuramente non si offenderà per un tono troppo entusiasta o un uso disinvolto del “tu”. È per questo che le lettere di licenziamento viaggiano sempre con il “lei” anche se chi te la spedisce lavora con te da 30 anni e vi siete sempre dati del “tu”!

Una lista di controllo per giudicare il contenuto della comunicazione

  • Stiamo comunicando una buona o cattiva notizia?
  • La nostra comunicazione è semplicemente informativa o stiamo cercando di vendere qualcosa?
  • Gli stiamo proponendo una promozione molto vantaggiosa?
  • È pubblicità molto invasiva?
  • Abbiamo l’autorizzazione del destinatario a inviare comunicazioni?

Il formato della comunicazione

Il terzo elemento da prendere in considerazione è è la gerarchia formale dei mezzi, cioè quale mezzo è considerato formale o informale dal destinatario. È una gerarchia relativamente stabile, che non è cambiata nei decenni, nonostante la rivoluzione in atto nei media digitali. In questo articolo ci interessa soprattutto mettere in luce che non conta quanto sia serio l’oggetto della comunicazione, né quanto tu conosca il destinatario. Se invii un messaggio via WhatsApp o un’email, saranno sempre percepiti in modo meno formale rispetto a una lettera.

Il trionfo del “tu” (e della maleducazione)

Grazie all’e-mail e al web il tono della comunicazione scritta è diventato meno formale. Il “tu” è ormai imperante. Questo è un vantaggio, perché rende le comunicazioni più semplici e meno ingessate. Ma l’informalità non è sempre la scelta giusta. Quando si invia un curriculum, quando si cerca di prendere un appuntamento di lavoro, quando si vuole vendere un prodotto ad una persona sconosciuta, bisogna pensarci bene prima di usare lo stesso tono che si usa parlando al vecchio amico di scuola.

Le indicazioni contenute in questo articolo e un po’ di buon senso, ti aiuteranno a scegliere qual è il tono giusto da usare in una comunicazione professionale scritta. Oh, scusaci, ti abbiamo dato del “tu”!